Lettera150: Utilizzo delle mascherine deve essere obbligatorio

L’utilizzo delle mascherine deve essere obbligatorio per chiunque abbia contatti sociali, prevedendo sanzioni in caso di inosservanza; occorre una massiccia campagna  di informazione dei cittadini sul loro corretto impiego; alcuni tipi di mascherine non possono essere utilizzati da chi ha rapporti ravvicinati con altri soggetti come operatori sanitari, barbieri, tassisti etc.; servono regole chiare sulla omologazione, per evitare la commercializzazione di prodotti non efficaci e  per evitare defatiganti blocchi alla frontiera; occorre rendere edotti i cittadini che mezzi di protezione artigianali come sciarpe o foulard non sono adeguatamente efficaci; i prezzi devono essere calmierati; vanno distribuite gratuitamente ai cittadini non abbienti; le regioni devono impegnarsi a garantirne una distribuzione capillare.

Contrariamente a quanto avviene in Oriente, la nostra società non ha mai avuto una cultura di utilizzo delle maschere di protezione e – conseguentemente – la posizione assunta da diverse istituzioni è stata, almeno nelle fasi iniziali dell’epidemia,  di non raccomandarne l’uso. Uno degli argomenti più utilizzati contro l’uso di massa di questi dispositivi  è che esaurirebbero le risorse disponibili per gli operatori sanitari. Le maschere devono certamente essere utilizzate da chi è in prima linea ma è importante che siano usate obbligatoriamente da chiunque abbia contatti sociali. A questo proposito è essenziale garantire una loro capillare distribuzione in farmacie e in altri esercizi commerciali.

Un altro argomento comune contro l’uso diffuso delle mascherine è relativo al costo necessario per fornire a diversi milioni di persone dispositivi usa e getta e per il relativo smaltimento di tutto questo materiale potenzialmente infetto. Evidentemente, l’accesso di massa alle maschere ha un prezzo, tuttavia bisogna prima considerare che l’alternativa – potenziale disastro economico conseguente al perdurare dell’epidemia – è significativamente più costosa. Molti paesi, come Cina, Giappone, Hong Kong e Corea del Sud, che hanno controllato con successo la diffusione del virus, hanno imposto l’utilizzo di massa di maschere.  La larga diffusione del virus negli ospedali e nelle case di riposo in Italia è in larga misura dovuta al non utilizzo di maschere di protezione o, nel caso di ospedali, di protezioni non adeguate al livello di rischio. Diversi studi scientifici dimostrano che le maschere riducono il rischio di infezione respiratoria negli operatori sanitari. Un’ampia meta-analisi condotta nel 2011 ha dimostrato che “le maschere chirurgiche o quelle respiratorie tipo N95 sono le misure di supporto più coerenti e complete” nel ridurre il rischio di infezione negli operatori sanitari (Jefferson et al. 2011). Uno studio ancora più accurato del 2008 condotto per esaminare l’uso di maschere nelle famiglie ha dimostrato una riduzione dell’80% di malattie respiratorie in relazione al loro utilizzo (MacIntyre et al. 2008).

In definitiva, dobbiamo riflettere sull’obiettivo finale. In caso di pandemia, come quella che stiamo vivendo, l’obiettivo centrale di qualsiasi intervento dovrebbe essere di portare il numero medio di persone che vengono infettate da un malato (R0) al di sotto di 1, con il conseguente blocco della crescita esponenziale del tasso di infezione. Il contagio dioende da due fattori: la probabilità di contatto, che discende dal quadrato della densità di popolazione e che può essere inibito dal distanziamento sociale, e dall’efficacia della trasmissione, che può essere inibito dall’uso delle mascherine e dalle altre cautele sanitarie.

In questa ottica, le maschere hanno un effetto duplice in quanto possono proteggere un individuo sia dalla trasmissione che dall’esposizione in base al tipo di mascherina adottato: quella chirurgica previene la contaminazione verso l’esterno (riducendo il rischio di contagio da parte di persone infette asintomatiche), mentre le FFP2 ed FFP3, proteggono anche chi le porta.

Nell’ipotesi che l’efficacia delle maschere sia dell’80% nel prevenire la diffusione su base individuale, la riduzione del rischio complessiva in una singola interazione tra due persone dovrebbe essere del 96%. Se l’efficacia fosse del 50%, la riduzione complessiva del rischio all’interno di una singola interazione tra due persone sarebbe del 75%. Se aggiungiamo altre strategie di riduzione del rischio come l’igiene delle mani e il distanziamento sociale, è altamente probabile che R0 si riduca al di sotto di 1 demarcando la linea tra crescita esponenziale ed interruzione della diffusione dell’infezione.

Esistono tre tipi di maschere: 1) Maschere Respiratori (N95/FPP) – si tratta di maschere con filtro antiparticolato che soddisfa lo standard americano N95 perché filtra almeno il 95% delle particelle sospese nell’aria. Normalmente vengono utilizzate per impedire all’utente di inalare piccole particelle sospese nell’aria in procedure che generano aerosol. Deve adattarsi perfettamente al viso dell’utente. L’equivalente europeo sono le maschere FPP (Face Filtering Piece così-dette facciali) di cui esistono tre tipi: FFP1 (quella più utilizzata da persone con malattie respiratorie per evitare di essere colpite da polvere e sostanze simili), FFP2 e FFP3, che offrono il massimo livello di protezione. Queste ultime due sono classificate “dispositivo di protezione individuale” e per questo motivo devono essere opportunamente omologate.

Le maschere  possono essere dotate di valvole che filtrano l’aria inspirata, ma non quella espirata, richiedendo il comcomitante uso di mascherina chirurgica. Uno studio recente del Politecnico di Milano dimostra che la presenza di questa valvola ne riduce drasticamente l’efficacia di filtrazione per cui dovrebbero essere usate solo in casi particolari e non possono essere utilizzate nei reparti ospedalieri.  2) Maschere chirurgiche – normalmente indossate dagli operatori sanitari durante l’intervento chirurgico sia per catturare i batteri sparsi in goccioline liquide e aerosol dalla bocca e dal naso di chi li indossa che per fornire una barriera agli schizzi e alle goccioline che colpiscono il naso, la bocca e il tratto respiratorio di chi lo indossa. Si adatta abbastanza vagamente al viso dell’utente. 3) Maschere fatte in casa – Bandane, sciarpe e panni che coprono il naso e la bocca.

Quale maschere scegliere? Uno studio recente ha dimostrato che per le persone normali (non operatori sanitari o operatori comunque a rischio) non esistono differenze statisticamente significative tra maschere respiratori e chirurgiche nella loro efficacia nel prevenire l’influenza anche se le maschere respiratori sembrano proteggere dalla colonizzazione batterica. Le maschere fatte in casa dovrebbero essere utilizzate solo ed esclusivamente in caso di assenza delle altre tipologie, ma la loro efficacia è comunque modesta.

Un uso corretto della maschera prevede un lavaggio delle mani con un detergente a base di alcool o sapone e acqua prima di indossarla. La maschera deve aderire bene al volto coprendo la bocca e il naso, la presenza della barba può rendere difficoltoso raggiungere questo traguardo. E’ necessario evitare di toccare la maschera mentre la si utilizza. Inoltre essa va sostituita con una nuova se umida, rovinata, o in uso da un certo numero di ore. Affinché le maschere siano efficaci devono essere impiegate correttamente.

Considerazioni finali. L’utilizzo di massa di maschere può certamente servire come mezzo di controllo per ridurre la diffusione dell’infezione nella comunità. Si tratta di una misura complementare e non sostitutiva di altre misure preventive come il distanziamento fisico, l’igiene respiratoria (tossire o starnutire in un fazzoletto monouso o nella piega del gomito), l’igiene meticolosa delle mani e l’evitare di toccarsi con le mani il viso, il naso, gli occhi e la bocca. Un uso appropriato e corretto delle maschere è fondamentale affinché la misura sia efficace e può essere migliorato attraverso campagne educative. Per quel che concerne il loro costo, uno studio del prof. Maurizio Masi, già direttore del Dipartimento di Chimica del Politecnico di Milano, ha stimato in 1.8 miliardi di euro per due mesi di maschere per la intera popolazione italiana. Per le classi meno abbienti tale costo deve essere sostenuto dallo Stato. Il prezzo di vendita al resto della popolazione deve essere  amministrato e calmierato, fissato cioè  dalla autorità pubblica. Come termine di paragone, sempre il Politecnico di Milano stima un danno economico legato alla segregazione (due mesi) tra 143 e 234 miliardi, che si riflette sulla intera collettività.

A nome di Lettera 150:

Alessandro Antonelli

Gianluigi Condorelli

Maurizio Corsi Romanelli

Alfredo Costa

Andrea Crisanti

Francesco Curcio

Vito D’Andrea

Stefano Del Prato

Paolo Gasparini

Gino Gerosa

Maurizio Masi

Paolo Miccoli

Mariapia Pedeferri

Giovanna Riccardi

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