In un momento di emergenza per il Paese, il Sistema Universitario è riuscito ad erogare in modalità telematica più del 90% dei corsi previsti. La didattica online svolta nei mesi scorsi in tutta Italia ha dimostrato che, con un investimento tecnologico modesto e con infrastrutture predisposte praticamente senza preavviso, è possibile fornire una formazione universitaria a distanza di buon livello. E’ difficile credere che questa sperimentazione non lasci tracce significative.
L’esperienza che stiamo vivendo mostra che una didattica online, se correttamente utilizzata, può rendere l’Università più flessibile e pronta a rispondere alle esigenze educative del Paese, in temi di grandi trasformazioni e sfide. L'emergenza ha portato i professori a guadagnare una maggiore familiarità con strumenti telematici che permettono un contatto interattivo con gli studenti. Alla vigilia di una Fase2, in cui anche l’Università avvierà un graduale rientro nella normalità, un tale patrimonio non può e non deve andare disperso. Lettera 150, una comunità di ricercatori di varie discipline coordinata da Giuseppe Valditara, ha messo a confronto esperienze e risultati della sperimentazione avviata in varie Università. Emerge un quadro complessivo in cui la didattica online è un 'moltiplicatore' delle possibilità di insegnamento di un Ateneo. Consente una partecipazione, che va incoraggiata, di professori stranieri a lezioni e seminari. Le attività online saranno preziose anche nell'ambito del programma European University, che auspicabilmente aprirà la strada ad una nuova Università Europea distribuita. Gioca inoltre un ruolo fondamentale per migliorare una democrazia della conoscenza, raggiungendo studenti che soffrano un disagio fisico o che siano impegnati in attività lavorative. La didattica a distanza offre strumenti anche per migliorare l’impatto che il sistema universitario nazionale può avere su studenti di Paesi in via di sviluppo (Africa, Sud America), dando opportunità competitive rispetto ad altre università straniere. Una tale didattica diviene anche strategica per contribuire al completamento della formazione del personale universitario e dei quadri dirigenti dei Paesi coinvolti, come previsto dal programma Erasmus+ e dalla relativa Key Action 107. In tal modo, rafforza relazioni internazionali con benefici a cascata sul Sistema Paese (imprese, tecnologia, cultura….), favorendo una vera e propria science diplomacy.
Appare immediatamente evidente come la didattica online non possa e non debba sostituire il ruolo della didattica in presenza, che rimane strumento formativo essenziale. Così come gli esami devono essere normalmente frontali.
Vanno tuttavia identificati quei settori e quei ruoli in cui la lezione online possa offrire un valore di particolare utilità. Si deve aprire una riflessione sullo sviluppo di corsi “blended”, ossia parte in presenza, parte online in interattivo, parte in differita. In taluni casi, la lezione online mette a disposizione del professore strumenti più sofisticati in modo sinergico e complementare (si pensi a tool numerici, simulazioni, grafica avanzata, navigazione ipertestuale di fonti e codici) e diventa addirittura una estensione di quella tradizionale. La didattica online semplifica la logistica e renderà possibili Corsi di Laurea ‘orizzontali’ che spaziano su più discipline e che possono svolgersi in poli diversi dell’Ateneo, assai spesso sparsi sul territorio. Può essere molto utile per alcune lezioni di dottorato, consentendo una partecipazione, che va incoraggiata, di autorevoli colleghi anche stranieri a lezioni e seminari. L’approccio telematico funge da catalizzatore di un processo di Federazione fra Atenei e Dipartimenti, nel rispetto delle rispettive autonomie, auspicata dall’art. 3 legge 240/2010 e poco applicata, dando vita a corsi inter-ateneo e a dottorati di interesse nazionale.
Ovviamente, il nuovo approccio richiede un format diverso del corso, tempi diversi di interazione con gli studenti, un nuovo concetto di svolgimento di ‘esercitazione’ e di ‘esami’.
Il ruolo del professore universitario è quello di portare la ricerca nell’insegnamento: l’attività in laboratorio, in presenza, sono un valore aggiunto insostituibile in tutte le discipline. Tuttavia, il training sull’uso di strumentazione anche sofisticata può essere agevolmente fatto online. Si aprono nuove possibilità di sviluppare laboratori di ricerca ad accesso virtuale che permetterebbero la condivisione di strumentazione di pregio con ovvie ricadute positive sulla ricerca fondamentale ed applicata. Vi è un diretta utilità anche nelle Humanities. La digitalizzazione di opere d’arte, di biblioteche di codici, di reperti archeologici apre nuove possibilità di studio, didattica e ricerca. In tutte le discipline, adottando tecniche online, si potranno inoltre ottimizzare le aule e ci sarà più spazio a disposizione per i laboratori.
Per valutare l’efficacia della sperimentazione intrapresa e apportare le modifiche del caso occorrerà attendere le prime sessioni di esami. Sarebbe anche importante aggiornare le schede di valutazione somministrate agli studenti, al fine di raccogliere i loro giudizi sulle nuove modalità didattiche. Tuttavia, è possibile cogliere fin d’ora i segni di un loro gradimento e interesse verso l’approccio online. La frequenza dei corsi è in media pari o superiore a quella storica, con una buona tenuta della popolosità delle classi in funzione del tempo. La lezione online non è percepita come uno strumento unidirezionale docente-studente. Le piattaforme usate dalla stragrande maggioranza degli Atenei permettono un livello di interattività già oggi discreto (e certamente migliorabile), anche in corsi con centinaia di studenti. L’approccio digitale offre una buona qualità audio-video, superando le difficoltà logistiche di aule affollate. Il materiale didattico presentato può essere rielaborato e commentato dagli studenti durante la lezione. Strumenti disponibili in una fase successiva della sperimentazione potranno permettere differenti livelli di approfondimento a scelta dello studente (navigazione di contenuti avanzati, rispose a quesiti, link alle fonti, analisi di modelli).
Si ritiene tuttavia insostituibile il senso di comunità che si crea nella formazione universitaria in presenza. Le interazioni in presenza tra docente e studenti, così come tra studenti, sono da sempre alla base di un processo di apprendimento collaborativo estremamente importante che contribuisce alla maturazione e alla crescita umana, professionale, scientifica del discente. Inoltre, le relazioni umane che si stabiliscono durante il periodo universitario si mantengono spesso nel corso della vita scientifica e professionale, come l’esperienza degli Alumni dei principali Atenei anglosassoni insegna magistralmente. Tutti argomenti che consentono di considerare l’esperienza della didattica on line come di utile complemento ed arricchimento, ma non sostitutiva della didattica in presenza.
Cosa si potrebbe fare con investimenti maggiori e strutture allo stato dell’arte?
Di certo, molto meglio. Questo comporterà la revisione di concetti quali ‘costo standard’, senza penalizzare le strategie di finaziamento degli Atenei (FFO), mobilità studentesca, internazionalizzazione, solo per citare alcuni dei principali parametri che scandiscono la vita accademica. L’Università ha bisogno di investimenti, per valorizzare il suo Capitale Umano, il suo straordinario Capitale Relazionale e un Capitale Infrastrutturale spesso da migliorare. Servirebbero risorse dedicate a migliorare il livello digitale, l’accesso alle biblioteche online, l’adozione dell’Open Access. Sono indispensabili strumenti evoluti per la gestione delle esercitazioni e, in particolare, degli esami.
Non tutti gli studenti dispongono di una sufficiente digital literacy e non tutti possiedono l’hardware e l’accesso alla rete necessari per una nuova didattica.
E’ una strada complessa, che, se percorsa con responsabilità e senso critico, ci può portare ad una brave new University.
Commissione università e ricerca di Lettera 150