Piano vaccinale, i conti non tornano E l’immunità di gregge è lontana

Ci sono diverse questioni che emergono sulla base dei dati e dalle informazioni diffuse in tempi recentissimi dal Commissario preposto sul piano vaccinale, dalla risposta alle quali si potrà finalmente capire quale sia la visione che il Governo Italiano ha per il futuro del Paese, nella prospettiva di una auspicabile uscita dalla terribile crisi sanitaria ed economica che tutt’ora reca, a ognuno, afflizione, sacrifici e preoccupazioni.

Il Commissario, infatti, ha recentemente dichiarato che: “Per raggiungere la cosiddetta immunità di gregge, secondo gli esperti, dovrà essere vaccinato l’80% della popolazione, quindi più o meno 48 milioni di italiani”, e che “abbiamo l’obiettivo di riuscire a vaccinare tutti gli italiani che lo vorranno entro il prossimo autunno” (Fonte RaiNews).

Ora, se l’obiettivo è vaccinare 48 milioni di italiani entro l’autunno del corrente anno, raggiungendo così la tanto agognata immunità di gregge, è indispensabile, però, che il Governo si esprima con chiarezza anche su come si intenda raggiungerlo, quale siano le tappe che a esso conducono e, infine, quanto esso sia veramente realistico.

A questo preciso proposito, emergono le seguenti questioni. In primis, l’orizzonte temporale dichiarato dal Governo (“entro l’autunno”) andrebbe meglio precisato e, comunque, fissato entro il limite massimo della fine del mese di Settembre 2021. Ciò anche solo per evitare che il susseguirsi di altri fattori, rilevanti per la salute e la vita pubblica, come ad esempio l’influenza stagionale o la riapertura delle scuole, possa ancora una volta interferire con la gestione dell’epidemia, rendendo la situazione ulteriormente complessa da decifrare.

Se si dicesse con precisione che il limite temporale massimo per arrivare all’immunità di gregge è il 30 Settembre, sarebbe a tutti chiaro che, mancando a quella data circa 260 giorni, nell’ipotesi di disporre di tutte le dotazioni vaccinali necessarie, pari a 96 milioni, ciò implicherebbe una somministrazione giornaliera di vaccini pari a circa 369.000 al giorno in media, ovvero oltre 61.000 all’ora, considerando la durata di una giornata vaccinatoria di 6 ore.

A quel punto, però, sorgerebbero i primi dubbi rispetto alla fattibilità dell’obiettivo, anche sulla base delle seguenti considerazioni:

● l’attuale ritmo di vaccinazione, pur considerato nei giorni più intensi, non hai mai superato le 65.000 dosi giornaliere e, comunque, sono sempre rimaste inutilizzate quasi il 50% delle dosi disponibili;

● per ogni team/squadra di operatori, la produttività vaccinatoria è stimata dal Commissario pari a 6 vaccinazioni all’ora per 6 ore al giorno. Sinora, nelle giornate più produttive, si sono vaccinate circa 65.00 persone, lasciando dunque intendere si sia fatto un utilizzo di circa 1.800 team di vaccinatori complessivamente coinvolti nel processo, per il quale le Regioni hanno dichiarato di avere messo a disposizione circa 3500-3800 unità di personale. In assenza di ulteriori informazioni, se ci dovessimo basare solo sull’esperienza attuale, per raggiungere l’obiettivo di 369.000 vaccinati al giorno, si dovrebbe stimare necessaria la disponibilità di circa 10.000 squadre, con un conseguente aumento del numero di operatori pari quindi a 5,5 volte rispetto all’attuale, risultante infine in un numero totale di addetti attorno alle 20.000 unità. Ciò tuttavia contrasta, in parte, con il piano del Commissario che prevede l’assunzione di sole 15.000 unità di personale dedicate, e stima che siano necessari sul campo 20.000 operatori solo per i soli mesi di Luglio-Settembre 2021, tutto ciò comunque al netto dell’aumento del numero dei centri di vaccinazione che sono previsti crescere dagli attuali 293 ai 1500 della primavera entrante;

● il Governo Italiano ha più volte descritto un piano di approvvigionamento delle dosi che, per quanto riguarda i vaccini attualmente autorizzati dagli enti regolatori Europei (leggasi Pfizer e Moderna), si dovrebbe sviluppare nel tempo portando in Italia circa 37 milioni di dosi entro l’autunno. Anche assommando a queste le dosi opzionate presso AstraZeneca, pari a 16 milioni, ci si chiede come la quantità di 53 milioni di dosi vaccinali complessivamente disponibili come da piano entro l’autunno, possa essere compatibile con l’obiettivo inizialmente descritto che di dosi ne richiede 96 milioni. E tutto ciò evitando di affrontare le ulteriori complessità che deriverebbero dai ritardi, o dalle mancate consegne delle dosi, rispetto alla calendarizzazione delle somministrazioni previste per le varie fasce della popolazione italiana, e non ritenendo probabile, almeno allo stato attuale della conoscenza, l’arrivo sullo scenario in tempi certi e brevi di vaccini opzionati presso altri fornitori (vedi J&J);

● pur confermando di non volersi addentrare in questioni poco note relative alla calendarizzazione delle somministrazioni, ci si domanda, a solo titolo esemplificativo, come si pensa sia possibile attuare l’obiettivo (intermedio) di vaccinare, entro Febbraio 2021, tutti gli ultraottantenni, che sono oltre 4 milioni, e necessitano di 8 milioni di somministrazioni. Con quali vaccini, con quante dosi disponibili giornalmente, con quale capacità di rispettare la tempistica? D’altronde, sempre in riferimento a questa fascia della popolazione, ci si domanda pure come si immagini di convocare persone con più di 80 anni di età che potrebbero non utilizzare un cellulare e/o non disporre di una App, o simili. E tanto più rileva la questione se tali persone, così come anche quelle invalide in genere, possano o meno contare su una vaccinazione a domicilio. E in caso affermativo, secondo quale modalità, seguendo quale procedura?

● Continuando su questo versante, neppure risulta chiaro come sia pensabile di conseguire nei tempi previsti l’obiettivo di vaccinare la rimanente porzione di popolazione anziana, fino ad arrivare ai 65 anni, visto che stiamo parlando di altri 10 milioni di persone. E successivamente tutti gli altri, con eventuali priorità per le professioni giudicate oggetto di particolare rischio (e.g., gli insegnanti), per i quali stiamo parlando di una vaccinazione di 34 milioni di persone da completarsi, appunto, per l’inizio dell’autunno. Ancora, con quali vaccini, con quante dosi a disposizione per settimana, con quali criteri di precedenza per le chiamate, con quali procedure operative?

● Ed infine, sempre relativamente alla campagna vaccinale, quale piano alternativo il Governo ha ideato per fare fronte a eventuali, quanto probabili, deficit rispetto alle previsioni? Ciò ben sapendo che nessun problema di questa portata si può realisticamente affrontare senza avere preventivato interventi alternativi. Per esempio, ci si chiede se siano stanziati fondi e/o presi accordi per forniture di ulteriori dosi vaccinali (come altri paesi dell’UE hanno già fatto), nel caso in cui quelle preventivate vengano meno, oppure si rivelino alla prova dei fatti insufficienti rispetto al fabbisogno derivante dagli obiettivi preposti?

Le rilevanti questioni finora segnalate non possono, in ogni caso, fare ombra al problema più importante che è il seguente. Sempre ammesso che l’obiettivo vaccinale dichiarato sia perseguibile con successo nei tempi indicati, quando si potrà considerare l’Italia riapribile, in sicurezza? Anche in riferimento a questo punto assai delicato, e relativamente al complesso di tutte le varie attività coinvolte, dalla ristorazione all’intrattenimento, dal settore pubblico agli esercizi commerciali, ci si domanda se esista un piano per la riapertura, se esista una tempistica associata, se siano stati pensati protocolli, ai quali le varie categorie possano aderire, nella sicurezza che poi la loro attività non sarà più soggetta alla sfiancante sequela di apri e chiudi cui il Paese è stato sinora sottoposto. Ci si domanda anche se, nel caso questa tempistica di riaperture già sia prevista sforare l’inizio dell’estate, non si possano preventivare già da subito misure correttive o integrative del piano di protezione vaccinale, al fine di anticipare a tempi più ragionevoli le riaperture: per esempio, assicurare il vaccino a tutte e sole le persone anziane e fragili e poi riaprire comunque il Paese?

Rimane, inoltre, non chiarita la questione di come si voglia gestire l’impatto dell’epidemia nei mesi che ci separano dall’autunno 2021. Si ritiene davvero pensabile che il Paese possa resistere, indefinitamente, a una tattica basata su reiterate successioni di parziali aperture e chiusure? Ci si domanda anche perché questi mesi di transizione non siano usati, e non siano stati usati in precedenza, almeno per dare vita a sperimentazioni scientifiche che possano spiegare a tutto il Paese, una volta per tutte, se una data attività sia o meno considerabile vettore di contagio. Si prenda il caso esemplare della Scuola, e della sua attuale riapertura, annunciata, ritardata, in certe Regioni sospesa, e ci si chieda per quale motivo non si voglia sviluppare una seria sperimentazione, come quella recentemente proposta dal Prof. Crisanti, per stabilire seriamente se essa contribuisca, e se sì in quale reale misura, alla diffusione del contagio.

Questa riflessione si chiude con un argomento che addolora. Le tante ombre che hanno offuscato il nostro ragionamento paiono fornire argomenti a chi sospetta che chi decide nel nostro Paese può contare solo su una strategia debole, quando addirittura non assente. Pare anche che molte cose, la cui conoscenza sarebbe vitale per i cittadini, per permettere loro di organizzarsi, non si dicano, o si dicano con imprecisione, seguendo il difetto antico della politica italiana: non parlare chiaro per tener buoni tutti. Non dire per non creare allarmi, ma con ciò non permettendo ai cittadini italiani di programmare il proprio futuro, anche quello più vicino.

Marco Roccetti,
Ordinario di Informatica presso l’Università di Bologna

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