di Ida Angela Nicotra
Ordinario di Diritto costituzionale Università di Catania
In questo periodo turbolento di crisi sanitaria il dibattito pubblico si è incentrato sulla legittimità delle restrizioni alle libertà fondamentali e sul grado di democraticità dei processi deliberativi. Principi che dovrebbero costituire la “pietra angolare” per valutare la ragionevolezza della dilatazione degli strumenti emergenziali mirati al contenimento della diffusione del virus.
I poteri di emergenza, infatti, comportano un rischio di abuso di potere da parte del potere esecutivo e di sussistenza del quadro giuridico nazionale una volta finita la pandemia.
Di conseguenza deve essere garantito un controllo parlamentare e giudiziario con efficaci meccanismi di contrappeso per limitare tale rischio.
L’ondata travolgente del virus ha messo sotto stress anche le categorie costituzionali abitualmente adottate nei periodi di tranquillità istituzionale, con un impatto vistoso sulla democrazia parlamentare e sui diritti fondamentali. L’ultima crisi virale di proporzioni enormi risale esattamente ad un secolo fa: tra il 1918 e il 1920 l’influenza “spagnola”, definita come la più grande epidemia della storia dell’umanità, provocò la morte di cento milioni di persone.
Per l’appunto dopo cento anni l’Italia è stato il primo Paese occidentale a doversi confrontare con un evento eccezionalissimo, sconosciuto ed inimmaginabile come l’infezione da Coronavirus. Una crisi planetaria capace di svilire persino il diritto di morire e di vivere la propria morte, l’attimo più intimo della propria esistenza.
La c.d. seconda ondata della Pandemia ha fatto ripiombare il Vecchio Continente in un incubo, con le città nuovamente avvolte dalla paura e da un silenzio innaturale, dove il giorno sembra uguale alla notte. Dopo la crisi mondiale determinata dal terrorismo internazionale che, a partire dall’11 settembre 2001, ha seminato morte e paura in tutte le aree del mondo, l’epidemia da Sars Cov 2 mette nuovamente a dura prova la quiete sociale e la sicurezza delle persone. Il senso di impotenza di fronte al virus che resiste e accumula mutazioni mostra la vulnerabilità delle vite individuali e collettive. La disponibilità limitata delle terapie intensive ha posto l’operatore sanitario di fronte a scelte tragiche, molto conosciute nella c.d. “medicina delle catastrofi” per la quale la riflessione bioetica ha elaborato nel tempo concrete indicazioni per medici e infermieri.
Per tenere sotto controllo l’infezione, la situazione odierna rischia di incidere pesantemente sui diritti delle persone per tanto tempo ancora. Fintanto che non si raggiungerà una vaccinazione di massa i diritti civili ed economici rimarranno in un limbo. Le libertà appaiono come assopite in attesa di potersi risvegliare, non appena l’emergenza svanirà.
La crisi epidemica ha agito da potente amplificatore delle diseguaglianze sociali, ha aumentato le differenze tra giovani e anziani, donne e uomini, tra territori, tra categorie garantite e lavoratori autonomie e precari. Basti osservare le lunghe code di nuovi poveri che, in ogni città della Penisola, fanno la fila per un pasto caldo davanti alla Caritas. Il Next Generation Eu rappresenta la migliore risposta dell’Unione Europa alla sfida emergenziale. Un’opportunità di ripartenza che l’Italia non può permettersi di sciupare. Una ricca dote da impiegare per la crescita, la transizione digitale, l’economia circolare, per riformare la pubblica amministrazione e il sistema giudiziario.
Le reazioni degli ordinamenti costituiscono il tentativo di conciliare il diritto alla salute e alla vita con le altre libertà civili ed economiche. Fin dai tempi dell’antica Roma il diritto è chiamato a fare i conti con l’emergenza. In effetti lo studio dei fenomeni emergenziali è stato affrontano sul terreno delle cause di giustificazione alle restrizioni delle libertà e alla deroga al principio di separazione dei poteri.
La Costituzione italiana scelse di non disciplinare le situazioni di emergenza nazionale. Piuttosto il nuovo Testo si preoccupò di evitare forme di concentrazione di potere nelle mani del governo. Il decreto – legge nasce esclusivamente per fronteggiare fatti emergenziali ma diviene nel tempo una fonte ordinaria di normazione. Il tema della conciliabilità delle fonti emergenziali al quadro costituzionale si è posto in relazione alle fonti adottate per gestire il Covid. Quella messa a punto ai tempi della pandemia costituisce una inusuale tecnica normativa, che mette in ombra le funzioni del Parlamento.
La crisi sanitaria ha prodotto una serie di ripercussioni pesanti anche sulla funzionalità delle Camere ed ha posto la questione di aggiornare le modalità di partecipazione ai lavori parlamentari per tempi eccezionali. Nell’era del Coronavirus, i Parlamenti di altri ordinamenti hanno fatto ricorso a strumenti di democrazia digitale. Le esperienze comparate mostrano una varietà di soluzioni per la gestione della pandemia.
Anche in Italia sarebbe il caso di interrogarsi sul ruolo del Parlamento “ridotto ad un forum” durante la crisi epidemiologica. Se pare innegabile che le procedure italiane dell’emergenza sanitaria hanno avuto pesanti ripercussioni sul ruolo delle Camere e sulla conformazione della forma di governo bisogna pure ammettere che la crisi Covid ha soltanto contribuito ad acuire distorsioni che da decenni affliggono il Parlamento italiano. Con il progressivo allontanamento dai principi costituzionali in materia di produzione delle leggi e di leale collaborazione tra Camere e Governo.
Risulta ineludibile recuperare la centralità dell’istituzione parlamentare quale luogo di sintesi tra rappresentanza e decisione. Solo un Parlamento forte e autorevole può erigere una barriera contro lo straripamento del potere, più facile nella precarietà emergenziale.