Energia eolica offshore: l’Italia può divenire leader mondiale

Negli ultimi anni, l’attenzione verso i cambiamenti climatici e la necessità di ridurre le emissioni hanno portato a un crescente interesse verso la produzione di energia eolica, anche in relazione alla possibilità di ridurre i costi connessi all’importazione dei combustibili fossili e alle significative ricadute occupazionali. In particolare, grazie ai diversi vantaggi che essa offre, in relazione alla possibilità di incremento della producibilità energetica e di riduzione degli impatti acustici, visivi e paesaggistici, attualmente le più interessanti prospettive per lo sfruttamento dell’energia eolica riguardano prevalentemente l’eolico off-shore e in particolar modo quello in acque profonde.

ll Ministero della Transizione Ecologica Italiano (MITE) intende favorire lo sviluppo degli impianti eolici offshore galleggianti, collocati al largo delle coste Italiane con lo scopo di limitarne l’impatto sul paesaggio. Infatti, è noto che, qualora realizzati, gli impianti eolici galleggianti, posti sulla batimetrica 70 m e oltre, potranno certamente contribuire in modo sensibile al processo di decarbonizazzione che l’Unione Europea persegue.
Prova del fatto che l’energia da eolico offshore in mare risulta assai più concreta, matura e competitiva rispetto all’energia da moto ondoso è l’impetuoso interesse dei privati a sviluppare progetti e depositare manifestazioni di interesse. Dunque, il risultato è che sono giunte al MITE ben 64 manifestazioni di interesse, il che è incoraggiante se non fosse per il fatto che esse sono tra loro completamente disorganiche, non rispettando, in molti casi, il presupposto di limitare l’impatto sul paesaggio perché prevedono impianti troppo prossimi alla costa e il presupposto di avere prossimità alla rete principale elettrica gestita da TERNA: può apparire che, in taluni casi, la localizzazione dell’impianto proposta dall’Impresa non sia dettata da un ampio ragionamento che comprende aspetti ambientali e metereologici, ma piuttosto dalla ricerca dell’ultima area di mare ancora libera.

Purtroppo, l’Italia soffre di un ritardo nello sviluppo dell’energia eolica off-shore che, soprattutto in Europa del nord, ha già sperimentato tre fasi: fase di ricerca iniziale nel periodo 1980-1990, fase di test sperimentale nel periodo 1991-2000 e fase di commercializzazione dal 2001. Tuttavia, nel corso di recenti giornate di studio della Associazione di Ingegneria Offshore e Marina tenutasi a Napoli (www.aiom.info), si è constatato come l’Università, i Centri di Ricerca Italiani e le aziende metalmeccaniche, nonostante il tardivo avvio, sono al livello delle competenze che si sono sviluppate in nord Europa nel corso dei 40 anni appena detti, grazie al forte supporto dell’industria dell’energia e metalmeccanica. Anche il coordinamento di progetti europei in tema (https://youtu.be/WZlc7QABp4Q) e il crescente interesse a formare Partenariati Estesi (Scenari energetici del futuro) da parte delle Università attive nel settore dell’eolico offshore mostra che l’Accademia Italiana è al passo con i Paesi ove tali impianti sono già in funzione da tempo.

Dunque, l’Italia è posta in una condizione in cui il know how è disponibile e le aziende, soprattutto i Fondi internazionali, desiderano investire (ad esempio, Renexia del gruppo Toto di Chieti è azienda leader negli Stati Uniti). Questo deve essere reso ben chiaro alla pubblica amministrazione e agli investitori; altrimenti, si corre il serio rischio che i giganteschi investimenti che verranno per lo sviluppo dell’eolico offshore in Italia arricchiranno solo la Ricerca e le aziende metalmeccaniche all’estero.
Ciò che va certamente migliorato è la politica energetica italiana che non coordina, in modo adeguato, le manifestazioni di interesse che i privati avanzano. Infatti, al contrario di altri Paesi europei, anche essi impegnati nella transizione ecologica, la nostra Nazione non si è dotata di un piano che individua, delimitandole, le aree marine ove è possibile localizzare impianti eolici, stabilendone anche la potenza e il numero. Tale individuazione e delimitazione andrebbe effettuata sulla base della valutazione degli impatti che riguardano l’aumento del livello di rumore, il rischio di collisione, le modifiche all’habitat bentonico e pelagico, l’introduzione di ulteriori campi elettromagnetici, il clima anemometrico, la batimetria, la grid connection, etc..

Quanto appena detto è stato sapientemente effettuato dal Ministero della Transizione Ecologica Francese (https://www.eoliennesenmer.fr/). A titolo di esempio, la Figura seguente mostra le zone oggetto di esame da parte del Ministero Francese per il mar Mediterraneo, mare per il quale è anche indicata la potenza massima cumulata dei due soli impianti eolici che potranno esservi installati. Dette zone sono ora nella fase di Dibattito Pubblico al termine del quale saranno elemento guida indispensabile per gli investitori per definire le proprie manifestazioni di interesse.
Sarebbe opportuno che anche il MITE si dotasse di un piano di individuazione delle aree marittime Italiane ove è possibile localizzare impianti eolici in mare, tanto più che i dati ambientali e meteomarini sono ben noti (e.g. ISPRA). In tal modo si darebbero indicazioni chiare su ciò che il MITE si attende e si sfronderebbe il numero di manifestazioni di interesse, limitandole ai soli stakeholders davvero concreti nell’effettuare i poderosi investimenti necessari.

Deux projets en Méditerranée, Zone d’étude soumise au débat public
https://www.eoliennesenmer.fr/facades-maritimes-en-france/facade-mediterranee/deux-projets-en-mediterranee

Infatti, appare che in Francia lo Stato ha voluto governare/regolare i processi sin dall’inizio, dando ferme e chiare indicazioni al Mercato (localizzazione, potenza installabile, numero di impianti massimo); in Italia si è optato per lasciare che chiunque manifesti interesse e per ogni dove lungo i mari della penisola e delle sue isole.

Non va taciuto che anche il MIMS deve giocare un ruolo nel processo di decarbonizzazione legato all’eolico offshore; infatti, occorre stabilire e realizzare aree portuali adeguate alle attività di fabbricazione (auspicabile), deposito, assemblaggio dei galleggianti, imbarco delle torri, degli ormeggi, delle turbine e delle pale eoliche.

Con questi apparentemente piccoli accorgimenti, l’Italia potrà realmente bruciare i tempi necessari per la progettazione e realizzazione di impianti eolici offshore, agendo in modo efficace per la decarbonizzazione. In più, sia la Ricerca che l’Industria Italiane potranno compiere un balzo enorme che le renderà competitive in un settore al quale tutto il pianeta guarda con notevole attenzione.

Prof. ing. Giuseppe R. Tomasicchio
ordinario di Costruzioni Marittime
Università del Salento
presidente dell’Associazione di Ingegneria Offshore e Marina

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