Andrea Balbo
Professore ordinario di Lingua e letteratura latina (L-FIL-LET/04)
Dipartimento di Studi Umanistici – Università di Torino
Un recente articolo di A. Belardinelli pubblicato su “La Tecnica della Scuola” il 12 gennaio 2023 (https://www.tecnicadellascuola.it/author/alvaro) e contenente, accanto a riflessioni accorate sulla crisi della scuola, una critica radicale nei confronti della didattica digitale, mi induce a intervenire fornendo qualche ulteriore elemento di riflessione. Fermo restando che la situazione delle conoscenze e competenze disciplinari degli studenti italiani impone una riflessione profonda, come dimostrano numerose inchieste (richiamo solo le valutazioni OCSE PISA https://www.invalsiopen.it/wp-content/uploads/2019/12/Sintesi-dei-risultati-italiani-OCSE-PISA-2018.pdf, per altro antecedenti alla catastrofe COVID) e che le discipline umanistiche non possono che rivestire un ruolo centrale nella formazione dei giovani in un paese intriso di storia come l’Italia, non ritengo che esista la contrapposizione fra un approccio digitale e l’insegnamento delle lingue classiche.
Prima di tutto ricordiamo sempre di distinguere la DAD, che ritengo un male necessario di natura emergenziale, dalla didattica digitale, che esiste invece da molto tempo e che offre modalità utili per arricchire l’insegnamento quotidiano.
Pensiamo soltanto che, con gli strumenti digitali ad accesso libero (quindi senza costi e con l’ausilio di normali browser web), è possibile ridurre al minimo i rischi di copiatura delle verifiche, automatizzare gli strumenti di controllo di conoscenze, utilizzare banche dati enormi contenenti testi classici, dizionari, materiale bibliografico senza pagare diritti d’autore, creare oggetti didattici personalizzati e lezioni multimediali di alta qualità.
Gran parte di questi strumenti sono prodotti dalla ricerca italiana (Digiliblt, digiliblt.uniupo.it, dedicato alla letteratura tardoantica, Senecana, senecana.it, una banca dati bibliografica su Seneca) o sono frutto di virtuose interazioni tra ricerca e società civile, come Tulliana (tulliana.eu, sito scientifico della SIAC, la Società Internazionale degli Amici di Cicerone) e rappresentano quindi un collegamento ideale tra scuola e ricerca.
Usando con intelligenza questi strumenti, il docente può migliorare i processi del suo insegnamento, far simulare attività di ricerca, coinvolgere maggiormente attivo lo studente. Le discipline classiche possono trarre benefici dalla didattica digitale grazie a un paradigma additivo, ovvero a un modello che non miri alla sostituzione del libro con strumenti informatici, ma che, al contrario, potenzi i contenuti raccolti su carta, consenta all’insegnante di stimolare la curiosità degli studenti.
Ho trattato varie volte di questi argomenti, sia per iscritto sia in molti corsi di formazione tenuti in tutta Italia, e mi permetto di rimandare ad alcuni miei lavori (https://edizionicafoscari.unive.it/it/edizioni4/riviste/elle/2021/1numero-monografico/latino-didattica-e-covid-19-riflessioni-e-proposte/) e, in particolare, al mio Materiali e metodi per una didattica multimediale del latino (http://www.patroneditore.com/volumi/9788855535014/materiali-e-metodi-per-una-didattica-multimediale-del-latino).
Non si tratta di attaccare il digitale, ma di capire quali sono i pregi e le criticità degli strumenti multimediali, farli entrare nella formazione del docente, il quale saprà benissimo come utilizzarli nelle sue classi. La contrapposizione vera non è di strumenti, ma di intenti: dobbiamo volere una scuola che non abbia solo una funzione sociale, ma una vera funzione culturale ed educativa.