Rosa Lombardi
Professore Ordinario di Economia aziendale
Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Molteplici sono le lenti di investigazione del capitale umano muovendo dal suo riconoscimento quale risorsa strategica di natura intangibile: vi è la prospettiva della distribuzione del reddito e dei differenziali d’istruzione, quella della capacità produttiva del capitale umano in relazione all’istruzione, della sua misurazione quantitativa, etc.
L’investimento in conoscenze, competenze, talenti, abilità, skill, esperienza, costituisce momento centrale per le organizzazioni aziendali ed un “boost” delle loro performance, promuovendo la crescita socio-economica del Sistema Paese, il trasferimento della conoscenza e la nascita delle innovazioni.
In particolare la valorizzazione del capitale umano passa attraverso molteplici leve, tra cui l’investimento in istruzione e formazione, entrepreneurship, in capitale strutturale, ossia piattaforme, procedure, tecnologie digitali e intelligenza artificiale, che interviene quale strumento per il potenziamento e l’accrescimento del capitale umano e relazionale.
Si rileva, ad esempio, dal report ISTAT “Livelli di istruzione e statistiche occupazionali Anno 2022”, che il conseguimento del diploma “è considerato il livello di formazione minimo indispensabile per una partecipazione al mercato del lavoro che abbia potenziale di crescita professionale” (https://www.istat.it/it/files/2023/10/Report-livelli-di-istruzione-e-ritorni-occupazionali.pdf); ed ancora, da una relazione di Banca d’Italia (Questioni di Economia e Finanza, Occasional Papers, n. 827 di febbraio 2024) emerge come un anno di istruzione in più per la media dei lavoratori comporti un aumento del prodotto pro capite vicino al 5 per cento (Bucci et al., 2024, p. 6).
Interessante notare, peraltro, come in termini di genere, le donne che conseguono il diploma per la fascia d’età tra 25 e 64 anni siano il 65,7% a fronte del 60,3% per gli uomini ed il vantaggio in termini di istruzione delle donne non corrisponda affatto ad un vantaggio lavorativo (https://www.istat.it/it/files/2023/10/Report-livelli-di-istruzione-e-ritorni-occupazionali.pdf).
Il potenziamento del capitale umano attraverso le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale (con funzione di integrazione e non di sostituzione), può generare benefici derivanti da forme di apprendimento personalizzato, ad esempio, per la prevenzione dell’abbandono scolastico e la promozione di un approccio maggiormente inclusivo all’istruzione (Valditara, 2024).
Quanto alla valutazione economica del capitale umano, siamo, ad esempio, nel campo della determinazione del suo valore quale risorsa immateriale nell’ambito della stima dei benefici attesi di un’impresa ad elevata intensità cognitiva o del capitale economico d’impresa nell’ambito delle operazioni di merger & acquisition, configurandosi in tal caso quale valore indistinto degli intangibili sotto la voce “avviamento”.
Esistono apposite metodologie di analisi qualitativa e quantitativa per la valutazione del capitale umano (esempio, le prestazioni dirigenziali e dei dipendenti) quale componente del capitale intellettuale nell’ambito dell’approccio analitico (Trequattrini, 2008). Tra i metodi più noti di natura qualitativa (non monetari) si annovera il modello di Likert, fondato su variabili e relazioni che discendono dall’organizzazione delle risorse umane (Likert, 1967). I metodi quantitativi (monetari) sono principalmente ricondotti a quelli basati sul costo ed economico-reddituali, oltre a quelli empirici (Zanda, Lacchini, Onesti, 2005).
Sebbene nessun metodo di valutazione – tutti invero dotati di alcuni requisiti (es. razionalità, obiettività, neutralità) – sia del tutto privo di limitazioni, tra i metodi basati sul costo, quello di “sostituzione” determina, invece, il valore del capitale umano quale insieme dei costi ipotetici (costi di selezione, addestramento, etc.) per la sostituzione dei dipendenti di un’impresa (Zanda, Lacchini, 1989).
I metodi economico-reddituali stimano il valore del capitale umano, tra l’altro, avendo riguardo all’insieme dei redditi futuri attualizzati derivanti dal capitale umano.
E’ inoltre possibile stimare il valore del capitale umano mercè il ricorso a metodi empirici che si fondano sull’applicazione di un determinato coefficiente a specifiche grandezze aziendali che si prendono a riferimento (come il costo totale annuo del lavoro); il coefficiente varia in relazione alla qualità della ricerca e della tecnologia, alla complessità dei problemi inerenti alla gestione, allo stile di direzione nel contesto aziendale (Zanda, Lacchini, Onesti, 2005).
La valutazione del capitale umano può assumere diverse dimensioni: oltre a quella economica, la dimensione sociale, di sostenibilità, di genere e del capitale intellettuale. In altri termini, la determinazione del valore sociale del capitale umano passa attraverso una misurazione quali-quantitativa, principalmente mediante l’individuazione di indicatori (i c.d. KPI). Le organizzazioni aziendali, infatti, adottano forme di disclosure verso gli stakeholder, su base volontaria o mandatory, rendicontando tali aspetti nei report di sostenibilità, sociale, di genere o del capitale intellettuale. Questi, in definitiva, i termini della prospettiva dicotomica del capitale umano sin qui analizzata.
Bibliografia essenziale
Becker G., Human Capital, National Bureau of Economic Research, New York, Columbia University Press, 1964.
Bucci M., Gazzano L., Gennari E., Grompone A., Ivaldi G., Messina G., Ziglio G., Per chi suona la campan(ell)a? La dotazione di infrastrutture scolastiche in Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), Banca d’Italia, Febbraio 2024 disponibile su www.bancaditalia.it
Likert R., The Human Organization: Its Management and Value, Mc Graw Hill, 1967.
Trequattrini R. Conoscenza ed economia aziendale. Elementi di teoria, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2008.
Valditara G., La scuola dei talenti, Piemme, Milano, 2024.
Zanda G., Lacchini M., La stima del valore del capitale umano ai fini della valutazione d’azienda, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n. 7-8, luglio-agosto, 1989.
Zanda G., Lacchini M., Onesti T., La valutazione delle aziende, IV edizione, riveduta e ampliata, Giappichelli, Torino, 2005.