Il dato, incontrovertibile, da cui bisogna partire è che risulta praticamente impossibile acquistare nelle farmacie di qualunque Regione d’Italia il vaccino antinfluenzale.
Il problema è estremamente rilevante soprattutto quest’anno, drammaticamente segnato dall’epidemia del Coronavirus, di cui si sta ora sviluppando la “seconda ondata”.
Il nesso esistente tra l’opportunità di effettuare il vaccino antinfluenzale e la possibilità di rendere in tal modo più efficaci le misure di contenimento alla diffusione del Covid 19 è agevolmente spiegabile.
Deve infatti ritenersi altamente probabile, con l’avvicinarsi della stagione fredda, una circolazione, in contemporanea, sia dell’influenza che potremmo definire “comune”, sia del virus della SARS – CoV-2.
Al riguardo, come indicato con chiarezza da chi si occupa di queste patologie, la vaccinazione antinfluenzale costituirebbe comunque un fattore di protezione, permettendo la riduzione delle complicanze legate all’influenza, quali le polmoniti batteriche; va inoltre tenuto presente che i soggetti già indeboliti dall’influenza potrebbero avere conseguenze più gravi del previsto qualora contraessero successivamente l’infezione da Coronavirus.
Comunque il semplice buon senso induce ad affermare che minore sarà l’estensione della “banale” influenza minore risulterà la pressione su medici e strutture ospedaliere o sanitarie di qualunque tipo, permettendo così una maggiore focalizzazione sulle patologie gravi; ciò renderebbe più agevole concentrare l’attenzione sull’espandersi (o meglio sul riespandersi) del Covid 19.
Oltretutto, in caso contrario, tenuto conto che, ad un primo approccio, la sintomatologia dell’influenza “annuale” è spesso sovrapponibile a quella del Covid 19, un alto od altissimo numero di tali influenze potrebbe avere riverberi nefasti, determinando confusioni, inutili allarmismi, aumento esponenziale del numero dei ricoveri in relazione a vicende assolutamente banali.
I “casi sospetti” si moltiplicherebbero, con danni enormi.
Pensiamo a casi pratici di fronte agli occhi di tutti.
Il diffondersi della febbre e dei colpi di tosse, che rappresentano sintomi comuni all’influenza comune come al Covid 19, farebbero svuotare le classi ed imporrebbero di fatto il ritorno a forme di insegnamento erogato solo in modalità on line. Gli esercizi commerciali nei quali l’accesso è subordinato al controllo della temperatura vedrebbero di fatto quasi dimezzata la possibile clientela.
Si pensi al danno incalcolabile che potrebbe derivare, ad esempio, a tutto il settore della ristorazione, già messo in ginocchio dalla prima ondata del Covid 19.
Si diffonderebbe inoltre verosimilmente un fenomeno psicologico perverso, in base al quale molti soggetti potrebbero decidere di non recarsi in locali commerciali ove vi è il controllo della temperatura, onde non essere additati, a coloro i quali magari li seguono nella coda al supermercato o al ristorante (in effetti in tal caso la tutela della privacy è pari a zero), quali soggetti affetti da Coronavirus, e come tali possibili “untori”.
Fatte queste premesse, e rilevata l’attuale mancanza nelle farmacie del vaccino antinfluenzale, si può comprendere come apparissero giustificate le iniziali forti critiche indirizzate al Governo in generale ed al Ministro della Sanità in particolare circa la presunta irresponsabilità nel non avere previsto anticipatamente una simile esigenza ed aver dunque provveduto in maniera oculata
Queste critiche, che vanno condivise (anche se per un motivo diverso, come vedremo), devono però essere rimodulate, alla luce di alcune importanti precisazioni, di cui bisogna doverosamente prendere atto, e che sono invece state trascurate da chi continua a concentrare l’attenzione sul numero complessivo di dosi di vaccino presenti in Italia, anziché sull’impossibilità per i privati di acquistarle in farmacia.
Onde evitare censure basate su dati inesatti, e per evitare sterili polemiche, bisogna infatti prendere atto delle precisazioni, la cui veridicità non vogliamo mettere in discussione, fornite nei giorni scorsi da numerosi “addetti al settore”, fra cui il prof. Locatelli, presidente del CSS (Consiglio superiore della sanità) e membro del CTS (comitato tecnico scientifico) sull’emergenza Covid, in base alle quali il nostro Paese avrebbe immagazzinate in questo momento già 17 milioni e cinquecentomila dosi di vaccino; risulterebbe pertanto fuorviante il messaggio, amplificato dai mass media, secondo cui il Governo e le Regioni non si erano attrezzate al riguardo.
Tutto bene, dunque ? La risposta è no, in quanto, in realtà, queste dosi di vaccino antinfluenzale non sono reperibili nelle farmacie.
Occorre comunque essere puntuali nella critica.
A monte di tutto ciò, vi è una considerazione, fatta propria dal Governo, che, qualora fosse stata accompagnata da un sano buon senso, apparirebbe indubbiamente condivisibile.
Partendo dal presupposto che le categorie maggiormente a rischio, e cioè gli anziani e i soggetti con patologie pregresse che possono aumentare il rischio di complicanze da influenze, quali le malattie dell’apparato respiratorio o le patologie che determinano un’insufficienza renale o surrenale, o gli individui affetti da tumore, devono avere diritto ad una corsia prioritaria nell’erogazione del vaccino, in quanto uno Stato ispirato a valori sociali non può non avere a cura prioritaria la tutela dei soggetti fragili, si è deciso di mantenere immagazzinate le dosi di vaccino necessarie a far fronte alle esigenze di detti soggetti, e di impedirne conseguentemente la totale distribuzione per la vendita alle farmacie.
Laddove infatti la maggioranza delle dosi fosse messa in vendita sul libero mercato, attraverso il canale di distribuzione delle farmacie, risulterebbe alto il rischio che proprio coloro i quali maggiormente necessitano di tale vaccino possano esserne privi.
E’ stato invece stabilito (giustamente) che un’elevata quantità di dosi antinfluenzali debba essere distribuita, gratuitamente, dal servizio sanitario nazionale, e sia riservata a tali categorie.
Per fare un esempio, è come se uno Stato, ritenendo probabile un periodo di grave carestia e di carenza di generi alimentari, decida di far immagazzinare delle scorte per poterle poi distribuire, anche in tal caso, a chi maggiormente sarebbe colpito dagli effetti di tale carestia, e cioè anziani, malati e bambini.
Però tutto deve essere fatto secondo criteri ragionevoli ed oculati, che nel caso di specie sono invece del tutto mancati.
Si è infatti deciso di riservare, almeno in questa prima fase, una percentuale del tutto irrisoria, pari all’1,5%, alla libera vendita, mantenendo tutto il resto a “riserva”.
Così, di fatto, un’idea astrattamente buona e condivisibile si è tradotta, di fatto, come è stato a ragione stigmatizzato dai vertici di Federfarma, di Assofarm e della Fofi (la Federazione degli ordini dei farmacisti italiani) in un meccanismo che impedisce alla maggioranza degli italiani che vorrebbero vaccinarsi (sulla base, tra l’altro, delle espresse indicazioni e suggerimenti forniti al riguardo dalla classe medica) di poterlo fare.
Eppure, al di là di sterili ed improduttive polemiche, la soluzione vi sarebbe, e risulterebbe estremamente agevole.
Appare infatti del tutto corretto riservare al Servizio sanitario nazionale una “scorta” di dosi, da utilizzare a favore dei soggetti che potrebbero risultare particolarmente esposti al rischio di complicazioni influenzali, ma occorre dare alla farmacie una quota non così irrisoria di dosi, affinchè esse possano essere vendute a chi coscienziosamente intende vaccinarsi.
Appare davvero singolare la miopia di chi, non accogliendo detta impostazione, partendo da un presupposto innegabilmente corretto finisce peraltro per dar vita ad una situazione che rischia di penalizzare larga parte della popolazione.
Si dovrebbe evitare questo innaturale contrasto, venutosi a creare, tra il Servizio sanitario nazionale, al quale è stata riservata la quasi totalità delle dosi di vaccino antinfluenzale, ed il “libero mercato della salute”, rappresentato in tal caso dalla rete delle farmacie private, permettendo invece la realizzazione di una virtuosa integrazione dei rispettivi compiti, e garantendo così anche ai soggetti ritenuti non “deboli” né “fragili” la possibilità di immunizzarsi, nell’interesse proprio e di coloro con i quali essi vengono a contatto.
Pier Paolo Rivello – già procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione
Vi hanno ascoltato? Parole al vento. Almeno qui nella “avanzata e ricca Lombardia” dove si è creato un lockdown mentale nella Giunta regionale. Al 20 ottobre il mio medico curante mi ha detto che non sa quando i vaccini influenzali saranno disponibili….” forse da metà novembre….speriamo”