Next Gen AI: la nuova rivoluzione copernicana in arrivo

Vincenzo Vespri

Si è svolto al Centro Congressi di Milano, dal 31 gennaio al 3 febbraio, Next Gen AI, il primo summit nazionale sull’Intelligenza Artificiale (di seguito indicata con l’acronimo AI) con oltre 1500 partecipanti, 50 speaker e 24 sessioni formative. Ho avuto la fortuna di essere uno dei relatori e ho potuto constatare, di persona, l’entusiasmo verso questa iniziativa. Al Ministro Valditara, quando ha terminato l’orazione di chiusura, è stato tributato dagli studenti un sentito e spontaneo applauso di ringraziamento.

Non bisogna meravigliarsi di ciò: per i giovani di oggi l’AI rappresenta il concetto di nuova frontiera magistralmente espresso da John Kennedy: l’imperativo categorico kantiano che ha l’umanità di andare oltre i propri limiti spinta dalla stessa brama di conoscenza dell’Ulisse dantesco. Gli studenti avvertono che il punto di svolta è imminente.  La rivoluzione dell’AI è ineludibile e non riguarderà solo il mondo del lavoro, ma anche il nostro stesso modo di vivere e ci porterà ad una differente visione del mondo che ci circonda. I giovani che ho incontrato al summit erano molto ottimisti: il mondo che verrà sarà bellissimo, con nuovi strumenti tecnologici che ci solleveranno da compiti ripetitivi permettendoci di dedicare tutto il tempo solo agli aspetti più creativi. I conferenzieri, più avanti con gli anni, ponevano maggiore attenzione sui potenziali rischi: soprattutto che l’AI possa essere utilizzata per controllare le masse, creando un mondo distopico a metà fra gli incubi di Metropolis di Fritz Lang e di Matrix dei fratelli Wachowskis. Uno strumento utilizzato per controllare il mondo in un modo molto più pervasivo ed efficiente della TV in 1984 di Orwell. Dal dibattito non è, invece, apparso credibile che, almeno a breve termine, il pericolo dell’AI sia quello paventato dalla fantascienza, ossia lo sviluppo di una intelligenza digitale senziente (tipo Ultron della saga Marvel) interessata a dominare il mondo rendendo schiava tutta la razza umana.

Personalmente credo che il futuro dipenderà da noi, dalle scelte che faremo, e il modo di orientarci verso la scelta migliore sarà quella di preparare adeguatamente le giovani generazioni ai nuovi tempi che verranno. Non dovranno subire la rivoluzione digitale, dovranno essere, invece, capaci di gestirla. Per questa ragione, al Ministero dell’Istruzione e del Merito, hanno pensato di adeguare alla nuova situazione educativa le indicazioni nazionali. Rivedere le competenze che i giovani devono avere è sempre più improcrastinabile. L’intelligenza artificiale generativa, con la sua potenza, sta già rendendo obsoleti strumenti didattici tradizionali come il compito assegnato a casa. Ad esempio, se veniva assegnato ad una classe il compito di fare una ricerca, trenta anni fa uno studente sarebbe dovuto andare in una biblioteca a cercare l’argomento su una enciclopedia, quindici anni fa sarebbe bastata solo la capacità di fare un taglia e cuci intelligente mettendo assieme le informazioni raccolte su Google, adesso allo studente basta scrivere l’argomento della ricerca su uno schermo e copiare la risposta data da Chat Gpt… E questo è solo l’inizio: considerando che, secondo la legge empirica di Moore, le capacità di un calcolatore raddoppiano ogni 18 mesi, fra 10 anni Chat Gpt potrebbe svolgere in modo impeccabile molti dei compiti che i professori assegnano ancora oggi agli studenti. Pensare di risolvere il problema vietando l’uso dell’Intelligenza Generativa a scuola non solo è stupido ma è anche senza logica. l’AI sarà sempre più presente nella vita di ogni giorno: bisogna insegnare ai giovani come usarla, non proibirla.

Proprio per rendere i discenti di gestire questa rivoluzione in arrivo, le nuove indicazioni nazionali presentano due importanti novità:
– l’introduzione della informatica nel curricolo degli studenti già nella primaria
-un approccio sempre più integrato fra materie umanistiche e materie scientifiche.

La scelta dell’informatica, invece che del coding, deriva dal fatto che si vuol dare agli studenti la visione più ampia possibile delle regole che governano la rivoluzione informatica che è in corso. Per questa ragione bisogna avere competenze molto superiori al semplice programmare, sia perché i linguaggi di programmazione diventano velocemente obsoleti e sia perché le AI generative stanno imparando già loro a fare coding e lo stanno sempre più facendo meglio. L’uomo sarà in grado di battere le AI solo grazie ad una vision creativa, non di certo scendendo nel loro terreno di mera computazione.

La nuova società che verrà, inoltre, richiederà ai cittadini non solo conoscenze tecnico-scientifiche ma anche capacità di una visione sinergica fra umanesimo e scienza. La rivoluzione scientifica che stiamo vivendo adesso avrà un impatto superiore alla rivoluzione copernicana. Galileo dimostrò che la Terra non era il centro dell’Universo. La rivoluzione digitale, accompagnata alle scoperte della fisica in ambito quantistico e relativistico, ci fanno immaginare l’esistenza di universi paralleli e ci fanno dubitare della realtà che ci circonda. Alcune teorie scientifiche ci fanno sospettare che viviamo in una simulazione: se in questi cento anni, i computer sono stati capaci di raddoppiare la loro potenza ogni anno e mezzo, se si suppone che questa tendenza continui per un millennio, i computer avranno la capacità di simulare un intero universo: dal big bang fino alla sua fine. Se fosse così, come facciamo ad essere sicuri che esistiamo in un universo reale e non siamo invece mere simulazioni di una società aliena solo mille anni più progredita tecnologicamente di noi?  Inoltre, computer così potenti potrebbero scoprire i segreti del DNA, riuscendo a riprogrammare il nostro codice genetico per prolungare al di là dell’immaginabile la nostra vita e soprattutto la nostra gioventù. In un mondo così diverso dall’attuale, maggiori competenze tecniche-scientifiche non sono sufficienti, ma occorre anche la capacità di rimanere umani in un mondo che sarà, molto probabilmente, popolato da droidi sempre più senzienti. E per avere questa capacità, è necessario che i nostri studenti abbiano assorbito nel profondo i valori classici su cui si fonda la nostra cultura.

Infine, formare cittadini adatti alla nuova società basata sull’AI è fondamentale per il futuro del nostro Paese. Nel Medioevo, quando l’analfabetismo dominava nel mondo conosciuto, Firenze ebbe il coraggio e il merito di investire nella scuola, in modo che tutti i suoi cittadini fossero in grado di leggere, scrivere e far di conto. È unanimemente riconosciuto che questa scelta illuminata sia stata una delle ragioni principali del fiorire del Rinascimento. Adesso viviamo un momento molto simile: il mondo, nel suo complesso, non è ancora preparato alla imminente rivoluzione digitale. La nazione che, con la sua scuola, sarà in grado di preparare meglio i suoi cittadini a questa grande trasformazione avrà un enorme vantaggio competitivo. Per questa ragione i giovani studenti erano così entusiasti di partecipare ad un evento come Next Gen AI: avevano giustamente compreso che  il loro futuro e quello del nostro Paese si gioca proprio sulle competenze  che avranno nelle materie STEM e sulla loro capacità di integrarle con gli alti valori dati dalle materie umanistiche.

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