I valori e la cultura della Lega

Giuseppe Valditara

Pubblichiamo il testo della relazione tenuta sabato 5 aprile dal ministro Valditara al Congresso di Firenze della Lega per Salvini Premier

È stato detto che le origini sono la parte più importante di ogni cosa.

Per illuminare la strada del nostro futuro è bene dunque ricordare quali sono stati i valori che hanno ispirato la nascita della Lega.

Ho vissuto in prima persona quei momenti e posso dare una testimonianza diretta.

Se devo riassumerli in un valore unificante indicherei la libertà.

La Lega è stato il primo, grande movimento liberale di massa della storia repubblicana. Erano gli anni in cui persino la Democrazia cristiana e i partiti laici avevano timore a rappresentare quelle istanze che avevano trovato cosi ampio ascolto negli Usa di Reagan o nella Gran Bretagna della Thatcher.

Poi venne Forza Italia. Silvio Berlusconi, che qui voglio ringraziare per aver avuto la straordinaria intuizione e il grande coraggio di costruire il centro destra moderno, una conquista irrinunciabile della politica italiana, ebbe come modello proprio la Lega.

Ogni movimento deve avere ceti sociali di riferimento e valori fondanti che ne ispirino l’azione politica.

Alle origini della Lega c’è stata la rivolta dei produttori, quella maggioranza morale di italiani che ogni giorno si rimbocca le maniche per mandare avanti il Paese. Questo è ancora oggi il nostro ceto di riferimento: artigiani e impiegati, docenti e imprenditori, professionisti e commercianti, dirigenti e operai, uomini delle forze dell’ordine e agricoltori dovunque essi vivano. Da qui la battaglia contro un fisco vessatorio, contro una burocrazia asfissiante, contro balzelli di vario genere. E fummo i primi a lanciare questa sfida. Che è ancora oggi la nostra sfida.

Anche il federalismo, che è il nostro tratto distintivo, si innesta in questa grande battaglia per la libertà e la democrazia, per dare voce ai territori e alle comunità, per applicare i principi costituzionali di sussidiarietà e autonomia.

La linea fortemente voluta da Matteo Salvini e approvata dal congresso di Torino ha concepito la Lega come grande movimento nazionale che si è assunto il compito di portare in tutta Italia la rivoluzione della libertà.

Altro che fascismo! Non prendiamo lezioni da certi eredi del comunismo.

Battuta la sinistra alle elezioni del 2022 grazie alla solidità di una proposta politica alternativa al velleitarismo di chi crede nel wokismo, la Lega, questo governo, questa maggioranza stanno facendo riforme importanti. C’è tuttavia una battaglia ancora più importante: è quella valoriale e culturale per far tornare l’Italia un Paese normale. Noi siamo i protagonisti di una rivoluzione che vuole cambiare in profondità il nostro Paese. Noi siamo rivoluzionari con la testa sulle spalle, la nostra è la rivoluzione della gente per bene, la rivoluzione del buon senso.

Visito molte scuole, incontro molti giovani. Hanno sogni, speranze, cercano valori, chiedono risposte, ma hanno anche tanto entusiasmo e voglia di futuro. Sono molto diversi da quella immagine che spesso affiora sui media.

Hanno bisogno di una scuola seria che chiuda definitivamente l’epoca in cui merito, regole, responsabilità, impegno, rispetto erano considerati da una certa intellighenzia disvalori. Questi giovani hanno bisogno di una scuola che torni a insegnare fin dai primi anni di età alcuni elementi fondamentali nella formazione della persona, che torni a insegnare le regole della grammatica e della sintassi per imparare a capire e a farsi capire, che ridia importanza ai riassunti per imparare la chiarezza, che nell’epoca di internet e del cellulare aiuti a coltivare la memoria, ritornando a far studiare le poesie, che insegni la logica e il ragionamento con il ritorno del latino, che insegni a scrivere bene perché il corsivo è il modo di esprimersi di chi riflette, lo stampatello di chi urla, che sappia far orientare i nostri giovani nel mondo che li circonda con il ripristino di uno studio serio della geografia, che rispetti la lingua italiana vietando asterischi e Schwa, che insegni la musica e l’arte che acuiscono sensibilità e danno profondità al nostro pensiero, che insegni anche ad amare la matematica partendo dalla realtà per arrivare alla teoria. Una scuola che ponga rimedio alla pedagogia dello spontaneismo e della deresponsablizzazione.

Abbiamo bisogno di una autentica rivoluzione culturale che innanzitutto metta al centro la persona: lo Stato al servizio dei cittadini e mai viceversa. Non è un caso che la nostra democrazia sia fondata sulla sovranità popolare: nel rispetto dello stato di diritto che si fonda sul primato della legge e sulla separazione dei poteri (che significa anche che i giudici non devono sostituirsi mai al legislatore) la volontà dei cittadini è decisiva, non quella di corti di giustizia o di commissioni non rappresentative. E attenzione perché le vere autocrazie sono quelle dove la volontà popolare può essere annullata da establishment che difendono interessi di pochi.

Noi abbiamo voluto valorizzare la centralità della persona proprio a iniziare dalla scuola. A partire dal merito, che significa considerare le differenze una ricchezza e costruire una formazione che consenta di valorizzare i talenti di ognuno. Siccome non siamo abituati a chiacchiere ma facciamo i fatti, per la prima volta abbiamo avviato un intervento strategico per dare ad ogni studente eguali opportunità formative indipendentemente dalla regione o dal territorio in cui vive. Da qui Agenda Sud e nord. Da qui la personalizzazione della didattica con il docente tutor. Ma da qui anche il piano estate per venire incontro a quegli studenti che quando arrivano le vacanze perdono un punto di riferimento importante. Nonostante una dura opposizione di alcuni sindacati abbiamo consentito ai genitori dei ragazzi con disabilità di chiedere alla scuola la conferma del docente di sostegno perché la continuità didattica è un valore importante per chi è fragile. La sinistra si riempie la bocca di belle parole, noi abbiamo promosso le condizioni per una vera integrazione dei ragazzi stranieri di primo arrivo: abbiamo previsto docenti specializzati nell’insegnamento della lingua italiana a chi proprio non la conosce consentendo a questi giovani di frequentare classi apposite per recuperare più rapidamente il gap linguistico. E abbiamo messo l’educazione al rispetto come obiettivo di apprendimento, vero pilastro delle nuove Linee guida sull’educazione civica. Noi vogliamo una scuola dove si impari il rispetto verso gli altri e verso le cose di tutti.

Sono rimasto sorpreso da un episodio che mi ha raccontato tempo fa una professoressa: mentre spiegava una studentessa accende il cellulare e si mette ad ascoltare musica. L’insegnante le chiede di spegnere lo smartphone, la ragazza le risponde: non riconosco la tua autorità. La docente va in presidenza e la dirigente le risponde: “faccia quello che può”. In quel “faccia quello che può” c’è il fallimento della società italiana.

Sono rimasto sorpreso da altri episodi: durante le occupazioni scolastiche accadono spesso danneggiamenti degli arredi pubblici. Un caso mi ha colpito per la sua gravità, quello del liceo romano Gullace: al termine dell’occupazione è stato incendiato, la devastazione della scuola ha causato due milioni di euro di danni. Anziché indignarsi alcuni intellettuali e politici di sinistra hanno affermato che questi giovani vanno capiti e non puniti. Ebbene chi sfascia la sua scuola è un teppista senza se e senza ma e deve risarcire il danno causato alla collettività. Chi lo giustifica o lo comprende è un cattivo maestro, con buona pace di chi pensa irresponsabilmente che invocare la punizione di chi devasta la propria scuola sia “cattivismo”.

È ora di fuoriuscire dai residui tossici del ‘68. Dobbiamo ridare importanza al principio di autorità, che non ha nulla a che a fare con l’autoritarismo, dobbiamo affermare il principio che chi rompe paga. Ecco perché abbiamo ridato valore al voto di condotta, ecco perché abbiamo previsto le attività di cittadinanza solidale, ecco perché ho proposto l’arresto in flagranza per chi aggredisce un docente o un preside, ecco perché abbiamo previsto sanzioni pecuniarie verso quegli adulti che mettano le mani addosso ad un insegnante.

Di fronte ad un Pd e a ad una Cgil che rivendicano solo diritti noi dobbiamo affermare anche la cultura dei doveri. A iniziare dalla scuola. È solo attraverso la consapevolezza che esistono anche doveri che possiamo affermare una vera cultura del rispetto verso chiunque.

C’è stato un tempo in cui la parola maestro e professore si scrivevano con la maiuscola. Dobbiamo tornare a ridare prestigio e autorevolezza ad un lavoro fondamentale per il futuro dei nostri giovani. Ecco perché in 3 settimane abbiamo rinnovato un contratto che la sinistra non era stata capace di chiudere in 3 anni e abbiamo previsto aumenti per tutti i prossimi contratti fino al 2030. Ma ne chiediamo ancora perché dobbiamo attirare i laureati migliori a occuparsi del futuro dei nostri figli e perché , soprattutto in certe regioni, sono sempre meno i giovani che scelgono la professione del docente. Ecco perché chiediamo con una mozione di valorizzare sempre di più economicamente il loro lavoro. Chiediamo in cambio sempre più formazione, obbligatoria, certificata, valutata.

Per i presidi abbiamo già iniziato a differenziare il loro stipendio sulla base dei risultati raggiunti.

Abbiamo perso la cultura del lavoro: una nazione non ha futuro se il lavoro non viene considerato un valore, già nei giovani. La bellezza del lavoro -che significa creatività, ma anche impegno e pure fatica- deve essere insegnata già nelle scuole, con esempi concreti: artigiano, ma anche con l’educazione civica e con l’insegnamento di quelle competenze trasversali che formano alla puntualità, al saper risolvere problemi complessi, al saper lavorare in squadra, al saper comunicare in modo chiaro, a saper organizzare il proprio tempo, a saper motivare gli altri.

Nella educazione civica abbiamo messo fra i valori costituzionali, anche il rispetto verso la proprietà privata, la considerazione verso l’iniziativa economica privata perché è solo creando ricchezza che si batte la povertà. Noi vogliamo la crescita felice, loro la decrescita e basta. E ancora una volta non solo principi, ma anche riforma concrete.

Nel 2027 il 47% delle competenze richieste dalle imprese non sarà fornita dalle nostre scuole. Ecco perché abbiamo dato valore all’istruzione tecnica e professionale con la riforma del 4+2, una istruzione che deve essere strettamente collegata con il mondo del lavoro e con il mondo dell’impresa. Per dare ai nostri giovani prospettive occupazionali importanti e in tempi rapidi e per garantire competitività al nostro sistema produttivo.

E poi l’identità. L’identità parte dal comune, si estende alla regione e si completa nella patria. La ricchezza unica della nostra nazione è caratterizzata dalla unità nella diversità, ex pluribus unum. Questa spilla che porto orgogliosamente sul petto ricorda una battaglia che è simbolicamente richiamata nell’inno degli Italiani: Dall’Alpi alla Sicilia ovunque è Legnano.

L’identità con buon pace di una sinistra internazionalista è un valore fondamentale.

E noi dobbiamo innanzitutto tornare a sapere chi siamo, da dove veniamo per sapere dove vogliamo andare. Ecco perché ho voluto dare centralità alla storia dell’Occidente, perché noi siamo fieri di una civiltà che ha reso universali i valori di libertà, democrazia, umanità, buona fede, equità. Ecco perché nei programmi scolastici tornano l’epica e abbiamo inserito la conoscenza di alcuni brani della Bibbia. Ancora di più oggi noi dobbiamo lavorare per unire l’Occidente, non per dividerlo.

Noi leghisti abbiamo un compito storico che ci deriva dalle nostre origini: rappresentare quella maggioranza morale di persone serie, per bene, oneste che credono nel valori più autentici della nostra civiltà e che vogliono un Paese forte e rispettato che garantisca a loro ed ai loro figli un futuro di opportunità, di pace e di prosperità.

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